Durabilità del calcestruzzo

PRINCIPALI CAUSE DI DEGRADO DEL CALCESTRUZZO

Delicato come una barriera corallina

Anche un calcestruzzo di qualità scadente non si degrada se non esistono le condizioni aggressive dell’ambiente e d’altra parte, un ambiente aggressivo non provoca il degrado di un calcestruzzo adeguatamente durevole.

La durabilità è influenzata da numerosi fattori, interni ed esterni, che sono comunemente classificati come:

  • chimici,
  • fisici,
  • meccanici.

Difficilmente in un processo di degradazione esiste un solo fenomeno aggressivo: spesso più cause concorrono al deterioramento del materiale esaltandosi a vicenda.

Tuttavia esiste sempre quella che può essere definita la causa fondamentale.

Tra le cause più frequenti di degrado delle strutture in calcestruzzo ci sono:

Chimiche

  • Solfati (SO4— e solfuri (S–). Il solfuro può essere presente in natura nei terreni, nelle acque di falda, di palude o di fogna. Esso può presentarsi come sale (per es. solfuro di ferro o pirite FeS2) o come acido (idrogeno solforato o acido solfidrico H2S).
  • Anidride carbonica (CO2)
  • Cloruri (Cl-)
  • Alcali (Na+ e K+)

Fisiche

  • Variazioni termiche naturali (es. gelo e disgelo) e artificiali (es. incendi)
  • Ritiro da essiccamento
  • Calore di idratazione

Meccaniche

  • Urto, scoppio, cavitazione
  • Erosione, abrasione
  • Sisma
  • Vibrazioni

Nel caso di manufatti in calcestruzzo armato immersi in acqua, ai precedenti fattori di degrado si aggiunge anche quello biologico: azione del fouling.

Tra le cause chimiche si possono distinguere quelle riguardanti gli agenti chimici naturali, quali per esempio, l’acqua di mare, e le cause concernenti gli agenti chimici artificiali prodotti dall’uomo, quali gli acidi inorganici, le sostanze organiche, ecc. derivanti quasi sempre dagli scarichi industriali. In linea di massima è sempre possibile confezionare un calcestruzzo durevole capace di resistere all’azione aggressiva degli agenti definiti naturali, più difficile garantire la durabilità di un calcestruzzo a contato con agenti aggressivi artificiali a meno che non si ricorra ad un rivestimento protettivo.

Per quanto concerne le cause definite fisiche mentre è possibile confezionare calcestruzzi di durata praticamente illimitata in ambienti con alternanze termiche intorno a 0 °C diventa pressoché impossibile eliminare le conseguenze (ritiro e/o fessurazione) derivanti dall’evaporazione dell’acqua dal calcestruzzo in climi asciutti: utilizzando ad esempio calcestruzzi speciali contenenti agenti espansivi si può limitare l’inconveniente.

Anche per le cause meccaniche non è sempre possibile confezionare un calcestruzzo che di per se sia capace di resistere all’azione degradante degli urti, abrasioni, cavitazione, ecc., occorrerà in questi casi migliorare al massimo la qualità superficie del calcestruzzo ricorrendo anche a rivestimenti protettivi capaci di rinforzare ulteriormente la superficie del materiale.

Degrado del calcestruzzo dovuto a cause chimiche esterne

Le costruzioni in calcestruzzo possono essere circondate da ambienti diversi:

  • atmosfera
  • acqua
  • terreno

Tutti questi tre ambienti possono contenere gli stessi agenti aggressivi, ma con diversa azione ed efficacia.

Atmosfera

L’aria contiene due elementi suscettibili di attaccare o di determinare le condizioni di aggressione del calcestruzzo armato:

  • ossigeno
  • anidride carbonica.

A questi due in ambienti inquinati si aggiunge anche l’anidride solforosa.

Per i manufatti cementizi che vengono a contatto con i liquami, quali le tubazioni di fognatura in c.a., si aggiunge anche l’azione dell’idrogeno solforato, H2S.

  • L’ossigeno è innocuo nei riguardi del calcestruzzo, ma attraversando lo spessore del copriferro e venendo a contatto con l’armatura, in ambiente umido, partecipa a fenomeni elettrochimici che portano alla corrosione dei ferri, con formazione di ruggine la quale è accompagnata da fenomeni espansivi indesiderati che possono portare al distacco del copriferro.
  • L’azione dell’anidride carbonica sul conglomerato cementizio è poco pericolosa, mentre risulta determinate nei confronti della corrosione delle armature metalliche.

il fenomeno chimico si verifica sulla superficie del calcestruzzo a contato con l’aria, consiste nella combinazione dell’idrossido di calcio, proveniente dalla pasta di cemento indurita, con l’anidride carbonica, formando carbonato di calcio (decalcificazione) secondo la reazione:

  • Ca(OH)2 + CO2 → CaCO3 + H2O.

Questa reazione, che determina la carbonatazione dell’idrossido di calcio presente nella matrice cementizia, provoca la diminuzione del pH della pasta cementizia che, per un calcestruzzo completamente carbonatato, scende da 13 a circa 8,5.

In queste condizioni il ferro d’armatura non è più passivato e in presenza di umidità e ossigeno si ossida e si corrode.

  • L’anidride solforosa, SO2, è apportata dalla combustione degli idrocarburi e del carbone, e tende a trasformarsi in anidride solforica, SO3, secondo la seguente reazione:
  • 2SO2 + O2→ 2SO3

ed in presenza di umidità in acido solforico H2S04 secondo la seguente reazione:

  • SO3 + H2O → H2SO4.

Tali reazioni risultano molto lente, ma nella realtà sono accelerate dalla presenza di alcuni inquinanti presenti nell’atmosfera (ossidi metallici, particelle carboniose, ecc.) in grado di comportarsi da catalizzatori accelerando drasticamente la reazione.

In presenza di questo agente aggressivo il pH dell’acqua meteorica si aggira a 3,5 – 4 durante i primi minuti di pioggia (piogge acide).

A questi valori valori del pH la protezione del calcestruzzo, anche ad elevata impermeabilità è molto limitata.

La corrosione dovuta all’acido solforico trasforma il calcestruzzo in una massa pastosa costituita soprattutto da solfato di calcio, sabbia e ghiaia.

Oltre alla ovvia azione corrosiva dell’acido solforico, in presenza si questo agente aggressivo avviene anche la solfatazione del carbonato di calcio (che si genera a seguito della carbonatazione dell’idrossido di calcio) e che porta alla trasformazione del carbonato di calcio in gesso secondo la seguente reazione:

  • H2SO4 + CaCO3 → CO2 + CaSO4.2H2O.

Il gesso reagendo con l’alluminato tricalcico, C3A, presente nella matrice cementizia, da origine all’ettringite, i cui poteri devastanti sono noti.

inoltre l’acido solforico non trasformato attacca direttamente sia l’idrossido di calcio che non ha ancora subito la carbonatazione (decalcificazione) secondo la seguente reazione:

  • H2SO4 + Ca(OH)2 → CaSO4.2H2O;

che l’armatura metallica con formazione interna di solfuro di ferro.

  • L’idrogeno solforato o acido solfidrico, H2S, si genera nelle fognature a seguito dei processi metabolici di batteri anaerobici solfatoriduttori (solfobatteri riducenti come il Desulfovibrio, Desulfobacter e Desulforomonas) presenti nei liquami.

L’idrogeno solforato non ha di per se un’azione aggressiva nei confronti del calcestruzzo.

Tuttavia a contatto con l’aria si trasforma, mediante processi ossidativi, in acido solforico che è capace invece di attaccare severamente il conglomerato.

Il meccanismo secondo il quale si produce l’idrogeno solforato e successivamente acido solforico è il seguente:

Le colonie batteriche si istallano sulla superficie dei condotti fognari, formandovi veli mucillaginosi.

Detti veli sono costituiti da due stratificazioni sovrapposte: quella superiore, a contatto diretto con il liquame, comprendete colonie aerobie, mentre quella inferiore, radicata alla superficie del tubo, è formata da famiglie anaerobie.

Queste ultime riducono i solfati e le sostanze organiche contenenti zolfo soprattutto l’albumina, contenuti nelle acque di fogna, (utilizzando l’ossigeno presente nei suddetti composti), trasformandoli in idrogeno solforato.

Una parte di questo, attraversando lo strato superiore della pellicola biologica viene ossidato a tiosolfati.

Una parte passa come tale in seno alla corrente liquida.

Una frazione viene ivi ossidata mentre la quota superstite raggiunge le zone superiori areate (ambiente compreso fra la superficie non bagnata della tubazione compresa fra il pelo libero dell’acqua e la calotta del tubo).

Poiché questa è solitamente umida, vi trova condizioni ideali per il suo insediamento un microrganismo aerobio, il Thiobacillus Concretivorous (o anche il Beggiatoa), che nei suoi processi metabolici, favorisce la reazione:

  • H2S +2O2 → H2SO4

che è la causa del degrado del calcestruzzo secondo i meccanismi descritti al punto precedente.

L’attacco si manifesta solo nella parte alta più nella fognatura che non si trova a contatto con i liquami; nella parte al di sotto del livello dell’acqua l’attacco non si manifesta.

Questa reazione è tanto più attiva quanto maggiore è lo spessore della pellicola sul fondo dei tubi e quanto minore è la quantità di ossigeno disciolto nel liquame, giacché da questo dipende la vitalità dello strato superiore aerobico della pellicola stessa, e la capacità ossidativa dei batteri presenti nella massa liquida.

La produzione di idrogenosolforato è ancora legata ovviamente, al contenuto di solfati ed di materia organica contenete zolfo nelle acque reflue.

In alcune tubazioni di fognatura, come quelle in ghisa sferoidale, si utilizza come rivestimento interno, uno strato di malta a base di cemento alluminoso che ha una resa migliore rispetto agli altri tipi di cemento.

Acqua

L’azione dell’acqua sul calcestruzzo è in genere indiretta, sia che agisca come veicolo di altre sostanze aggressive sia che, mantenendo il conglomerato cementizio saturo, favorisca gli effetti dei cicli di gelo e disgelo.

  • Acque dilavanti: le acque pure solubilizzano ed asportano l’idrossido di calcio presente nel calcestruzzo e proveniente dall’idratazione dei silicati di calcio ( l’idrossido di calcio è dovuto principalmente alla presenza di silicato tricalcico dalla cui idratazione si produce la maggior quantità di calce libera).

Le acque di questo tipo possono essere di origine naturale o industriale.

L’idrossido di calcio costituisce il 20-25% in peso della pasta del cemento Portland e la sua rimozione lascia dietro di se dei vuoti che provocano un aumento della permeabilità del calcestruzzo, indebolendo così la struttura ed esponendola ad ulteriori attacchi da parte degli agenti aggressivi.

I cementi d’altoforno, i pozzolanici e alcuni cementi Portland ferrici (a basso tenore di alite) sono meno aggrediti del Portland comune in quanto producono una minor quantità di idrato di calcio solubilizzabile.

  • Acque contenenti anidride carbonica CO2 : l’anidride carbonica è solubile in acqua ed è quindi inevitabilmente presente in tutte le acque naturali.

La CO2 nelle acque naturali è presente come:

  • anidride carbonica combinata: sotto forma di sali carbonatici ed in particolare di bicarbonato di calcio
  • anidride carbonica libera: sotto forma di acido carbonico che dissociandosi in ioni H+ e HCO3– e CO3— conferisce all’acqua un pH inferiore a 7.

Quest’ultima è la sola nociva in quanto trasforma l’idrossido di calcio in bicarbonato di calcio, notevolmente solubile, secondo la reazione a due stadi:

    • CO2 + Ca(OH)2 → CaCO3 + H2O
    • CO2 + CaCO3 → Ca(HCO3)2
  •  Acque solfatiche: si tratta prevalentemente di acque che attraversano suoli argillosi, con possibili inquinanti locali (terreni gessosi) contenenti ione solfato SO4— (attacco solfatico).

Lo ione solfato reagisce con l’idrossido di calcio presente nel calcestruzzo a seguito dell’idratazione del cemento.

  • Ca(OH)2 + SO4— +2H2O→ CaSO4.2H2O +2OH-.

Il gesso successivamente reagisce con l’alluminato tricalcico con formazione di ettringite che deteriora gravemente il calcestruzzo

In particolari condizioni ambientali.

  • climi freddi (0-10 °C)
  • umidi (UR >95%
  • ricchi di anidride carbonica

il gesso, formatosi per reazione tra lo ione solfato e l’idrossido di calcio, reagisce con i silicati idrati di calcio, la calce stessa e l’anidride carbonica con formazione di thaumasite.L’effetto della thaumasite è molto devastante e comunque molto più deleterio che non quello provocato dall’entringite.

La formazione della thaumasite è infatti accompagnata da una sorta di spappolamento del calcestruzzo che diviene un materiale incoerente.

In caso di attacco solfatico è preferibile utilizzare cementi resistenti ai solfati, i quali hanno un basso contenuto di alluminato tricalcico.

  • Acque con cloruri (non marine): sono le acque che disciolgono e trasportano i sali disgelanti utilizzati sulle strade, autostrade, aeroporti, ecc., durante l’inverno per la rimozione del ghiaccio.

Lo ione cloruro Cl-, penetrando nella massa del calcestruzzo raggiunge le armature metalliche, riducendo rapidamente la passivazione dei ferri anche in situazione di calcestruzzo non carbonatato, cioè con pH 13.

In presenza di ossigeno si attiva il fenomeno di ossidazione delle armature, definito in questo caso pitting corrosion, non accompagnato dalla formazione di ruggine e quindi da distacco del copriferro, e quindi estremamente pericoloso in quanto il danno non è facilmente rilevabile ed è causa di una grave riduzione della sezione dell’armatura.

Come sali disgelanti sono normalmente utilizzati il cloruro di sodio NaCl cloruro di calcio CaCl2 che è largamente più usato del precedente poiché la sua azione disgelante è considerata più efficace, soprattutto per la rapidità.

Sia il cloruro di sodio che Il cloruro di calcio, provocano il egual misura la corrosione dei ferri di armatura, ma la loro azione sul calcestruzzo è diversa.

IL cloruro di calcio ha una notevole azione aggressiva sul calcestruzzo tanto da danneggiarlo gravemente.

Questa azione aggressiva si esplica attraverso la reazione tra il CaCl2 che penetra dall’esterno e la calce Ca(OH)2, già presente nel calcestruzzo, con la formazione di un ossicloruro di calcio idrato, secondo la reazione:

  • 3CaCl2 + Ca(OH)2 + H2O → 3CaO.CaCl2.15H2O.

Il prodotto di reazione produce la disintegrazione della pasta che avvolge gli aggregati con formazioni di fessurazioni e delaminazioni.

Il cloruro di sodio NaCl, invece interagisce con il calcestruzzo in maniera diversa rispetto al cloruro di calcio, poiché è in grado di innescare la cosiddetta reazione alcali aggregati in presenza di inerti costituiti da silice amorfa o scarsamente cristallina.

  • Acque marine: Il calcestruzzo nelle opere marine è sottoposto all’azione di numerosi fattori ambientali (meccanici, fisici e chimici) che tendono a ridurne la durabilità.

Tra questi si possono ricordare l’erosione superficiale dovuta all’azione delle onde e delle maree, il rigonfiamento legato alla cristallizzazione dei sali nei pori, l’attacco chimico portato dai sali disciolti nell’acqua di mare, l’alternanza dell’immersione, il vento, ecc.

Esaminiamo nello specifico le principali cause di degrado dipendenti dall’azione dell’acqua di mare.

L’elevato contenuto salino dell’acqua di mare (circa 36 g/l di sali con prevalenza del cloruro di sodio ma con quantità ragguardevoli di sali di calcio e magnesio)) e la elevata reattività del cemento nei suoi confronti, farebbe pensare ad una vita molto breve del calcestruzzo in questo ambiente.

L’attacco risulta invece, poco importante nelle zone di calcestruzzo immerso, grazie all’azione impermeabilizzante di una particolare forma di carbonato di calcio (aragonite) che si forma per reazione tra l’anidride carbonica disciolta nell’acqua e l’idrossido di calcio (le reazioni sono analoghe a quelle viste in precedenza che portano alla formazione della calcite) e che occlude i pori del calcestruzzo.

Più severo è invece l’attacco nella zona di bagnasciuga.

Infatti alla maggior parte degli attacchi chimici già descritti (lo ione solfato attacca la pasta di cemento e lo ione cloruro provoca la corrosione dei ferri di armatura; in ambo i casi l’attacco ha carattere espansivo) si sovrappone anche l’attacco fisico.

L’acqua risale per capillarità nei pori del calcestruzzo posto al di sopra dell’acqua, evapora sulla superficie con conseguente cristallizzazione dei sali disciolti.

La cristallizzazione è seguita da un aumento di volume.

Tale fenomeno nel tempo porta alla disgregazione del calcestruzzo.

Il fenomeno viene ulteriormente aggravato dall’azione meccanica delle onde con abrasione ed erosione delle parti esposte.

Infine i manufatti in calcestruzzo armato immersi in acqua di mare subiscono anche l’attacco biologico: azione del fouling.

  • Azione dei sali di magnesio : L’attacco chimico del solfato di magnesio, (ma anche quello del cloruro di magnesio) contenuto in discrete quantità nell’acqua di mare è notevolmente dannoso, poiché, a differenza degli altri solfati, reagisce con tutti i costituenti del cemento idrato, compresi i silicati determinando la decalcificazione del calcestruzzo:

con l’idrossido di calcio si hanno le seguenti reazioni:

  • Ca(OH)2 + MgSO4+2H2O → CaSO4.2H2O + Mg(OH)2;
  • Ca(OH)2 + MgCl2 → CaCl2 + Mg(OH)2.

Nella prima reazione si forma gesso il quale reagisce con gli alluminati idrati di calcio dando l’ettringite; in tutte e due i processi invece l’idrossido di calcio viene trasformato in un alto composto solido, Mg(OH)2, meno solubile del Ca(OH)2, ma con poteri leganti inferiori a quelli della calce.

Lo ione Mg++ può arrivare anche a sostituirsi al calcio nei silicati idrati di calcio con formazione di un silicato idrato di magnesio (M-S-H)[1]) privo delle proprietà leganti dei silicati idrati di calcio e che inoltre può essere facilmente asportato dal movimento delle acque.

Suolo

Il terreno può contenere sostanze aggressive di vario tipo, essenzialmente solfati e cloruri, che solubilizzate e trasportate dalle acque del sottosuolo possono aggredire il calcestruzzo interrato.

In generale nei terreni si determinano essenzialmente i fenomeni ed effetti già descritti per le acque, ma il degrado riguarda normalmente il calcestruzzo e non l’armatura perché l’ossigeno penetra nel sottosuolo con molte difficoltà

Nei terreni terreni argillosi ricchi di pirite il calcestruzzo interrato può subire anche l’attacco dei solfuri.

La pirite non ha di per se un’azione aggressiva nei confronti del calcestruzzo, ma in presenza di aria ed di umidità può essere ossidata e dar luogo a solfati, acido solforico e anidride carbonica che per ragioni già viste, possono attaccare il calcestruzzo:

  • 2FeS2 + 2H2O +7O2 →2FeSO4 +2H2O
  • 4FeS2 + 2H2O +9O2 →2H2SO4 +(SO4)3
  • CaCo3 + H2SO4 →CaSO4 +CO2 + H2O.

Però, queste reazioni chimiche avvengono in misura più o meno grande a seconda delle particolari condizioni del terreno che favoriscono l’ingresso di umidità e dell’ossigeno.

Degrado del calcestruzzo dovuto a cause fisiche esterne

Le cause fisiche di degrado del calcestruzzo sono imputabili sostanzialmente ai due seguenti fenomeni:

  • variazioni di temperature
  • variazioni di umidità relativa

Variazioni termiche

le variazioni di temperatura che possono insorgere all’interno di una struttura in calcestruzzo possono essere di natura diversa:

  • variazioni termiche naturali (gelo – disgelo)
  • variazioni termiche artificiali (incendio)
  • variazioni termiche per effetto del calore di idratazione sviluppato dalla reazione del cemento con l’acqua.
  • Attacco gelo – disgelo: a temperature inferiori a 0 °C l’acqua contenuta nei pori del calcestruzzo può congelare con conseguente aumento di volume circa il 9%.

Se il grado di saturazione del calcestruzzo è superiore al 91,7% (grado di saturazione critica) l’aumento di volume dell’acqua provocato dal congelamento non è più in grado di essere contenuto all’interno nei pori non ancora saturi di acqua.

In queste condizioni si generano all’interno del conglomerato delle pressioni capaci di distruggere progressivamente il calcestruzzo, soprattutto se il fenomeno si ripete ciclicamente, per effetto di una tipica rottura a fatica.

Il fenomeno degradante si manifesta sotto forma di fessurazioni, sfaldamenti e distacchi superficiali.

  • Incendio: La pasta di cemento possiede un coefficiente di dilatazione termica (9,5.10-6 °C-1)leggermente diverso da quello dell’aggregato (variabile da 11.10-6 °C-1 se silicei a 5.10-6 °C-1 se calcarei).

Quando poi la temperatura sale oltre i 100 – 150 °C la pasta di cemento, dopo la dilatazione iniziale subisce una significativa contrazione per effetto della decomposizione termica dei suoi composti idratati.

Ciò si tramuta in uno stato tensionale tra la superficie della pasta di cemento che si contrae e quella dell’aggregato che seguita a dilatarsi.

La conseguenza di questa situazione è l’insorgere di microfessure all’interfaccia pasta – aggregato.

Se poi, sotto l’azione prolungata del fuoco, la temperatura del calcestruzzo raggiunge 753 °C e l’aggregato è siliceo si verifica un ulteriore e brusco scollamento tra la matrice legante e gli inerti per effetto della trasformazione da una forma di quarzo (α) in un’altra (β).A questa transizione di fase, che avviene con un forte aumento di volume, si accompagna spesso un effetto dirompente che provoca il distacco del copriferro e la diretta esposizione dei ferri di armatura.

Parallelamente si verifica una brusca caduta della resistenza meccanica del conglomerato.

Gli aggregati calcarei invece non subiscono apprezzabili diminuzioni di resistenza meccanica se non oltre i 750 °C quando ha inizio la decomposizione termica del calcare in calce e anidride carbonica.In caso di incendio riveste un ruolo fondamentale il copriferro quale protezione termica delle armature.

È necessario infatti assicurare un adeguato spessore del copriferro al fine di proteggere per un tempo sufficientemente lungo le armature dal raggiungimento di una temperatura oltre i 500 °C.

Con un calcestruzzo compatto e omogeneo e con un copriferro di 5 cm i ferri di armatura durante l’incendio raggiungono la temperatura di 500 °C in 180-240 minuti.

Negli elementi strutturali sovente l’acciaio è protetto da un copriferro di spessore variabile o costituito da calcestruzzo mal compattato e scarsamente omogeneo.

Questi punti deboli diventano canali preferenziali per il flusso termico, capace di provocare un innalzamento localizzato della temperatura che può arrivare a superare i 500 °C in un tempo brevissimo.

A causa dell’alta conducibilità termica dell’acciaio il flusso termico è rapidamente trasferito lungo l’armatura che, riscaldandosi, tende a dilatarsi, in questo impedita dal calcestruzzo più freddo per la minore conducibilità termica.

Quando l’aderenza ferro – calcestruzzo [2])non è più sufficiente a contenere le tensioni generate dalla diversa dilatazione termica dei due materiali, si verifica lo sfilamento dei ferri e il distacco di altre parti di copriferro.

  • Calore di idratazione: le reazioni di idratazione dei costituenti del clinker sono tutte reazioni esotermiche.

Le quantità di calore emesse nel corso dell’idratazione dei principali costituenti del clinker sono:

  • alite 125 kcal/kg
  • belite 63 kcal/kg
  • celite 215 kcal/kg
  • fase ferrica 95 kcal/kg.

Per effetto del calore di idratazione il calcestruzzo subisce un riscaldamento rispetto alla temperatura iniziale del getto che coincide con quella dell’ambiente.

Questo fenomeno non ha alcuna importanza per getti di piccola mole, anzi può divenire addirittura un vantaggio quando la temperatura esterna è bassa, poiché contribuisce a mantenere più calda la gettata e favorisce in tal modo le reazioni di idratazione.

Nei getti di grosse dimensioni (caso tipico è quello delle dighe) questo fenomeno può essere causa di inconvenienti.

Il calcestruzzo è infatti un pessimo conduttore termico, così la maggior parte del calore sviluppato nel nucleo centrale, non si riesce a disperdere velocemente e per tanto va ad aumentare la temperatura del getto.

Quando questo accade il calcestruzzo è dotato ancora di una certa plasticità poiché l’idratazione è ancora in corso e non provoca in pratica alcun danno.

Una volta terminate le reazioni di idratazione la temperatura comincia però lentamente a diminuire, ne consegue l’insorgere di una contrazione differenziata tra le varie parti del conglomerato che avendo luogo su un materiale ormai irrigidito, porta all’insorgere di tensioni interne che se superano la resistenza meccanica a trazione del materiale determinano l’insorgere di fessure che possono compromettere la durabilità del manufatto.

Variazioni igrometriche

Le variazioni di umidità relativa nell’ambiente possono generare uno stato tensionale nel calcestruzzo attraverso l’insorgere di variazioni dimensionali. Quando l’umidità relativa dell’ambiente scende sotto il 95% il calcestruzzo tende ad essiccarsi (ritiro). L’essiccamento è più intenso nella parte più superficiale, che di conseguenza subisce un ritiro più marcato della parte più interna. Questa situazione fa insorgere delle tensioni che sollecitano a trazione la parte corticale. Se tali tensioni superano la resistenza a trazione del calcestruzzo insorgono le fessure. Dalle fessure si può innescare un processo di degrado delle strutture poiché attraverso queste trovano facile accesso sia l’aria (ossigeno, anidride carbonica) che l’umidità. Come già visto in precedenza questi agenti sono capaci di innescare sia una rapida carbonatazione del copriferro che la successiva ossidazione dei ferri.

Degrado del calcestruzzo dovuto a cause interne

La penetrazione di sostanze aggressive nell’interno del calcestruzzo e il conseguente degrado è possibile a causa della sua porosità.

Porosità non è sinonimo di permeabilità poiché un sistema di pori chiusi non consente il passaggio di fluidi, ma certamente un calcestruzzo permeabile è sempre poroso.

  • i fattori che agiscono sulla permeabilità del calcestruzzo sono:
  • il dosaggio di cemento
  • il rapporto a/c
  • il grado di idratazione raggiunto al momento dell’esposizione all’ambiente aggressivo
  • la essiccazione del manufatto
  • l’omogeneità del calcestruzzo.

Nello specifico la permeabilità:

  • diminuisce all’aumentare del contenuto di cemento, anche se oltre certi valori le variazioni di permeabilità diventano trascurabili
  • aumenta con l’aumentare del rapporto a/c, dapprima lentamente, ma poi, superati certi limiti, con velocità rapidamente crescente. In pratica per avere un calcestruzzo poco permeabile occorre che il rapporto a/c sia minore di 0,5. Se con bassi rapporti viene penalizzata la lavorabilità si possono impiegare additivi superfluidificanti.
  • aumenta con il progredire del grado di idratazione poiché aumenta la quantità di gel che gradualmente riempie parte dello spazio occupato d’acqua. La permeabilità pertanto diminuisce col progredire della stagionatura
  • aumenta con l’essiccamento della pasta cementizia poiché aumenta il ritiro con formazioni di fessure. È necessaria pertanto una prolungata maturazione umida
  • diminuisce con la omogeneità del calcestruzzo. La presenza di vuoti, nidi di ghiaia, o da segregazioni dei materiali costituenti.
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