Case oltre la tolleranza di rumore e calore
Le nostre città nel periodo estivo, sempre più, stanno diventando ambienti inquinati dalle emissioni di impianti di climatizzazione estiva installati in ambito lavorativo e civili abitazioni. Rumore e calore sono gli effetti residui che vengono immessi, che a loro volta creano non pochi problemi e contenziosi tra chi emette e i ricettori.
A livello tecnico-legale, tali contenziosi sono riferiti alla violazione dell’articolo 844 del Codice civile, relativo ad immissioni moleste oltre la normale tollerabilità, e su questo concetto di normale tollerabilità si è molto dibattuto negli anni passati, sia fuori che dentro le aule di tribunale.
Tutto nasce dal fatto che la tolleranza è per definizione “la capacità, la disposizione a tollerare, e il fatto stesso di tollerare, senza ricevere danno, qualche cosa che in sé sia o potrebbe essere spiacevole, dannosa, mal sopportata”; tale concetto non può essere confuso con la soglia di percettività, intesa come “facoltà percettiva, capacità di percepire” e pertanto occorre un discriminante per stabilire se ciò che “si sente” è anche “insopportabile”.
Poiché la facoltà di “sopportare” è chiaramente soggettiva, mentre la legge deve per definizione essere uguale per tutti, nasce la necessità di creare un compromesso stabilendo, a partire da una valutazione, pur soggettiva, condivisa da un consistente numero di individui, un discriminante quantitativo che descriva il concetto di normale tollerabilità.
Nel caso del rumore, la percezione soggettiva da parte di un congruo numero di persone ha in effetti portato alla possibilità di valutare in maniera quantitativa la soglia di intollerabilità, e per questo motivo il giudizio sulla normale tollerabilità di fonti di inquinamento acustico non può prescindere dalla valutazione quantitativa dell’immissione.
Un analogo processo non è stato tuttora seguito nel caso delle immissioni di calore.
In questo caso, in mancanza di parametri quantitativi di confronto, come anche di una metodologia di valutazione dell’immissione, l’eventuale Consulente Tecnico del Giudice che deve sentenziare sul contenzioso ai sensi dell’art. 844 dovrà innanzitutto effettuare delle prove finalizzate a valutare l’effettiva influenza della sorgente di calore, con l’uso di metodologie quali ad es. la termografia, che mostrino l’andamento della temperatura in funzione della distanza.
Una volta stabilito che la sorgente influenza in maniera determinante le immissioni, per quanto sia possibile effettuare misure accurate e dettagliate della temperatura, il problema resta tuttavia sempre l’assenza di parametri di confronto.
Il Consulente Tecnico del Tribunale deve in pratica stabilire se le immissioni derivano dall’impianto di condizionamento del vicino e non da altre sorgenti di calore:
- può quindi rifarsi a misure di temperatura se ha modo di valutare quanto incide l’immissione di calore derivante da tale impianto sulla temperatura presso i ricettori (cosa non facile e non sempre possibile!);
- in ogni caso dovrà stabilire, senza alcun parametro limite, quale questo limite debba essere, in base a considerazioni che potranno essere esclusivamente di tipo qualitativo-soggettivo.
Visto quanto sopra, si ritiene perfettamente legittimo, se non preferibile, che il Consulente dia risposta al Giudice sulla questione dell’immissione di calore effettuando una stima preliminare della propria attitudine a tollerare le immissioni di calore rispetto all’individuo medio, e fornendo in base ad esso un parere, che pur essendo qualitativo-soggettivo, sarà comunque meglio legato alla sua perizia personale ed alla percezione diretta.