Congedo di maternità dopo un aborto al 180° giorno

Il Ministero del lavoro, ha espresso esprime parere negativo in merito alla possibilità di adibire al lavoro una lavoratrice durante il periodo di interdizione obbligatoria post partum, previsto anche nel caso di interruzione della gravidanza avvenuta dopo il 180° giorno dall’inizio della gestazione.

Il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità Dlgs n. 151/2001 all’articolo 16, definisce i tempi durante i quali è vietato adibire a qualsiasi lavoro la lavoratrice prima e durante il così detto “periodo di puerperio”, per una durata complessiva di cinque mesi  salvo quanto stabilito al punto b) e più precisamente:

a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto all’articolo 20 in tema di flessibilità ai sensi del quale viene concessa la possibilità di astenersi dal lavoro fino a un mese prima della data presunta e di prolungare il periodo di congedo obbligatorio fino ai quattro mesi successivi;
b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;
c) durante i tre mesi dopo il parto, computando il periodo dal giorno successivo a quello del parto;
d) durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora lo stesso avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità post partum.

Il punto di partenza per verificare quali siano i periodi di interdizione al lavoro è quindi il giorno del parto, inteso però non solo come nascita del figlio ma come atto di espulsione del feto, sia che questo sia vivente o che non lo sia.

Esiste però una linea di confine, rappresentata dal 180° giorno di gravidanza, oltre il quale il periodo di assenza dal lavoro è considerato a tutti gli effetti astensione per maternità e prima del quale l’evento viene qualificato come malattia per intervenuto aborto.

L’articolo 19 dello stesso Dlgs n. 151/2001 stabilisce, infatti, che l’interruzione della gravidanza spontanea o volontaria e terapeutica, prevista dalla legge n. 194/1978, è considerata a tutti gli effetti malattia, tranne i casi di procurato aborto quando questo costituisca reato.

L’articolo 12, comma 1, del Dpr n. 1026/1976, tutt’ora vigente, definisce “aborto” l’interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza, che si verifica prima del 180° giorno dall’inizio della gestazione. Ciò sta a significare che un’interruzione di gravidanza avvenuta dal 180° giorno in poi è da considerarsi a tutti gli effetti “parto” come espressamente indicato al comma 2 e di conseguenza il successivo trattamento normativo ed economico è sottoposto alla relativa disciplina di riferimento, come anche indicato nelle circolari Inps n. 134382/1982 e n. 139/2002, in quanto tale stato non è strettamente legato alla maternità vera e propria (v. Cass. civ., sez. lav., n. 1532/1993).

Per stabilire quale sia il 180° giorno si presume che il concepimento sia avvenuto 300 giorni prima della data presunta del parto che il medico della gestante ha certificato.

Divieto di adibire la donna ad attività lavorative
(Art. 16 Dlgs n. 151/2001)
  • Durante i due mesi precedenti la data presunta del parto.
  • Ove il parto avvenga oltre la data presunta, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto.
  • Durante i tre mesi dopo il parto o dell’interruzione di gravidanza avvenuta oltre il 180° giorno. I giorni si conteggiano dal giorno successivo al parto.
  • Durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora lo stesso avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità post partum.

 

Durante i due mesi precedenti la data presunta del parto.
Ove il parto avvenga oltre la data presunta, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto.
Durante i tre mesi dopo il parto o dell’interruzione di gravidanza avvenuta oltre il 180° giorno. I giorni si conteggiano dal giorno successivo al parto.
Durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora lo stesso avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità post partum.Flessibilità del congedo di maternità (Art. 20 Dlgs n. 151/2001) (*) Ferma restando la durata complessiva del congedo per maternità, le lavoratrici hanno facoltà di astenersi dal lavoro fino a un mese precedente la data presunta del parto e di conseguenza fino a quattro mesi successivi al parto, a condizione che tale opzione non pregiudichi la salute della gestante e del nascituro (è a tal fine necessaria idonea attestazione medica).
 (*) Con messaggio 18311 del 12.7.2007, sulla base dell’interpretazione consolidata fornita dalla Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 1401/2001), l’Inps ha chiarito, rispetto a una precedente discordante interpretazione, che il giorno del parto deve essere escluso sia dal computo del congedo di maternità ante partum (in precedenza incluso) sia da quello post partum. In caso di coincidenza tra la data presunta e la. data effettiva del parto, quindi, il periodo di congedo “ordinario” è pari a 5 mesi e un giorno.
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