Restaurare o Ridisegnare

L’Aquila, come l’Araba Fenice

Considerazioni post terremoto

Le tante chiese, dalle murature in parte crollate e seriamente lesionate, sono e saranno certamente oggetto di restauro, e c’è da credere che L’Aquila non perderà la presenza di nessuno dei suoi leggendari novantanove esemplari.

Quello che deve essere più attentamente valutato è invece il tessuto edilizio: dove ai grandi palazzi barocchi sventrati, che mostrano purtroppo la debolezza delle loro antiche murature, si affiancano, ugualmente danneggiate, piccole case trecentesche, con splendide bifore, e modeste abitazioni sette-ottocentesche, semi distrutte per la scarsissima consistenza dei loro poveri materiali.

Si potrà mai ricostruire, come era, tutto questo patrimonio, che rappresenta la secolare stratificazione dell’edilizia ed il contesto tra i monumenti? Non è solo però un problema di come fare a ricostruire sul piano tecnico economico, ma è da professionisti che ci dovremmo domandare, come dobbiamo ricostruire: ha senso riportare il centro storico allo stato pregresso, come potrebbe essere uno scenario di un set cinematografico, oppure queste enormi ferite debbono farci riflettere su come invece la città possa diventare motivo di una nuova riprogettazione, che nelle forme più innovative, concili tutto il salvabile, con squarci della migliore architettura del XXI secolo.

Da esperienze, seppur diverse, come quelle di Barcellona, Valencia, Glasgow, Bradford nello Yorkshire, possiamo, ma dovremmo dire e dobbiamo fare un salto qualitativo di riinvenzione architettonica della città, di ogni singolo edificio. Sappiamo come la riqualificazione architettonica ed urbana, quale sviluppo turistico ed economico hanno portato a queste città, con la presenza di migliaia di visitatori all’anno per ammirare, trasformazioni e qualità del vivere.

Sembra del resto davvero impossibile che tutto il centro storico dell’Aquila, possa essere restaurato, recuperato o ricostruito “com’era e dov’era”. Soprattutto, in una zona a così alto rischio sismico, avrà senso consolidare strutture di povere pietre irregolari legate da malte da tempo inconsistenti?

Una volta che siano state recuperate, si potrà ricostituire il contesto sociale? Inoltre, nel cuore della città, un gran numero di seconde case erano date in affitto agli studenti. Questi, in futuro, sarebbero trasferiti nei nuovi insediamenti del circondario, rapidamente e meritoriamente realizzati dal Governo Berlusconi, per ospitare chi, in questo sisma, ha perso la casa, ma questo comporterà, presumibilmente, un notevole spopolamento del centro storico.

Le seconde case e la frammentazione della proprietà dei più grandi edifici, sono ulteriori aspetti che dovrebbero essere presi in considerazione nel predisporre gli strumenti legislativi funzionali alla ricostruzione. Ma sarà opportuno? Forse no! Non quindi “Leggi Speciali” per il centro storico dell’Aquila per tutti i problemi sin qui enunciati ma brillanti idee e scelte intelligenti.

Valutiamo quindi quelle città, dove l’amministrazione comunale ha fatto interventi mirati alla rigenerazione urbana, legati per esempio alla creazione di nuovi musei. Bradford era una città industriale in declino, a causa della chiusura delle industrie tessili, con un’immagine legata all’inquinamento e alla disoccupazione, che ha risollevato il proprio orgoglio civico attraverso l’apertura di Musei del cinema, della fotografia e della televisione ed è stato quindi lanciato nelle vicinanze, un quartiere dedicato al turismo sessuale, che ha registrato risultati di presenze, comunque impensabili per una città, che era del tutto esclusa da qualsiasi circuito turistico.

La capitale scozzese Glasgow, è un altro caso in cui i musei hanno avuto un ruolo importante per la rigenerazione di una città, che negli anni ‘70 aveva un’immagine legata soprattutto alla criminalità, alla violenza tra bande e alla crisi massiccia dell’industria locale, soprattutto dei cantieri navali e del porto. Nel 1983 venne aperta una nuova struttura museale, la Burrell Collection, in un edificio abbandonato e semidistrutto e vennero poi lanciati festival, campagne promozionali, ecc. Questo programma di riqualificazione è culminato, dopo vari anni di iniziative e interventi, con la nomina di Glasgow nel 1990 a “Città europea della cultura”, utilizzata poi dall’amministrazione comunale, come strumento per il marketing urbano.

Pensiamo dunque alla città dell’Aquila, la ricostruzione, il recupero, il restauro di questa parte del centro storico, si presentano davvero come un lavoro lunghissimo; con il rischio che, nel frattempo, trasferite necessariamente altrove le sue funzioni, il vecchio cuore della città, possa perdere di interesse per i suoi stessi abitanti. E’ un compito molto difficile ma, il negativo si può riportare al positivo e riportare l’Aquila ad una nuova stagione di vita.

Per il futuro dell’Aquila, per l’interesse stesso dell’intera Regione, è una questione soprattutto di scelte, una questione qualitativa, una questione culturale, che i tecnici devono saper proporre, ai politici ed i politici alle popolazioni.

Nessun confronto si è mosso però in questo senso, hanno forse preso voce solo i comitati cittadini della ricostruzione, senza alcun dialogo, senza per esempio che nessuna facoltà di architettura si sia mossa con proposte ed approcci strutturati più culturali, di programmazione e riqualificazione, per promuovere la nuova città, per fare risorgere monumenti, palazzi, ma soprattutto un nuovo tessuto, che concili lo storico all’innovazione architettonica.

Una progettazione più che stimolante, per dare nuova vita a questa bella città, che non si è mai saputa mettere in mostra. Un’occasione unica…..non può essere perduta, un’occasione che potrebbe offrire anche tante possibilità di espressione da proporre solo a giovani professionisti.

L’Aquila come l’Araba Fenice.

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